Che gran giornata di sole! Fra i muri della città Ada non ci aveva fatto molto caso: chissà quanti pomeriggi del genere s’era persa. Del resto, quando il sole splendeva alto nel cielo estivo, a Cementopoli faceva sempre molto caldo: tutti ne approfittavano per rimanere a
casuccia, con una bella bibita fresca e l’aria condizionata accesa.
Non Ada.
Anche il cielo, da quando s’era allontanata dai fumi cittadini, le era sembrato più azzurro: sembrava molto rilassato sopra le fresche campagne. Adesso che la giornata stava per finire era però diventato tutto rosso: forse perché aveva visto la Luna prepararsi a comparire luminosa nella notte e l’aveva trovata bellissima?
Ada avrebbe tanto voluto domandarglielo, ma di sicuro non l’avrebbe sentita: era così lontano il cielo! Solo gli alberi le stavano accanto, ma gli adulti le avevano sempre detto che mai nessuna pianta aveva parlato, o pensato… eppure, si sbagliavano.
Un grande olmo aveva notato la bimba uscire dalla città e allontanarsi dalla strada, intuendone i pensieri:
“Come faccio a tornare a casa? Riuscirei a dormire lontano dal mio comodo lettone, senza la buonanotte di mamma e papà?”.
L’albero poteva sentire che era un po’ preoccupata, in quel posto sconosciuto… così pensò ad un modo per aiutarla. Aveva i rami zeppi di samare: un po’ più chiare delle foglie e senza profumo, da lì non potevano attirare Ada, che si stava allontanando; però ognuno di
questi semi era avvolto in un bel paio di ali, così l’olmo pensò di affidarne alcuni alle vie del vento. Le samare spiccarono il volo, planando nella sera in direzione di Ada, illuminate dalle molte lucciole del bosco. §
Alzando lo sguardo, la bimba le notò e, curiosa com’era, iniziò a camminare verso quell’albero dalla chioma che ricordava la forma di un cono arrotondato, con la corteccia scura un po’ rugosa al tocco.
Le samare cadute formavano ora un soffice tappeto ai piedi dell’olmo le cui foglie, tutte verdi e coi bordi seghettati, coprivano Ada a mo’ di capanna: la bimba trovò buffo che le due metà d’ogni foglia non partissero dallo stesso punto del picciolo… come fossero tante gemelline che volessero trovare un modo per farsi riconoscere!
Ora era già più tranquilla, al riparo dell’abbraccio dell’olmo; ma iniziava ad essere stanca e infreddolita. L’amica pianta non poteva farsi
spuntare una bocca nel tronco per cantarle la buonanotte, ma era in grado di farla sognare: il profumo della natura entrò nelle narici della bimba e da qui nei suoi sogni.
Le fece rivedere e riabbracciare i nonni, così sorridenti; e il papà, che disegnava assieme a lei; la mamma, che la stringeva in un caldo abbraccio. Poi le fece sognare di essere un albero che prendeva il sole sui pascoli di montagna, con l’aria che sapeva di pino e i piedi affondati nella fresca terra… che bellissima sensazione!
Così sognando, Ada non sentì freddo per tutta la notte, né si spaventò per ogni rumore sconosciuto che, al buio, avrebbe potuto
terrorizzare chiunque. Finché il rumore d’un motore, all’alba, non la svegliò: era così diverso dai suoni della natura che stava sentendo e sognando, tanto che riconobbe subito la macchina del suo papà.
“Grazie per avermi tenuto compagnia, caro albero: non volevo disturbarti mentre dormivi questa notte, ma presto tornerò a farti compagnia, lo prometto!”.
Ada aveva parlato senza aspettarsi alcuna risposta e già si stava voltando per andare; ma la pianta, agitando le sue molte foglie, disse:
“Sei molto gentile piccina mia, ma non preoccuparti, non sono mai da solo! I miei fratelli e sorelle, qui intorno, mi tengono compagnia… è un silenzio sincero il nostro, non abbiamo bisogno di parlare per comunicare. Con gli umani è diverso: siete sempre di fretta e spesso urlate, anziché ascoltare… Non è facile parlarvi, ma sotto sotto ho sempre sperato di fare amicizia con uno di voi, per meglio comprendervi e apprezzarvi. Perciò, quando tornerai, farai di me l’olmo più felice del bosco!!”.
Ada si stupì molto, poi capì e gli sorrise sincera, senza aggiungere altro: papà e mamma stavano facendo così tanto baccano per trovarla! Doveva andare, se non voleva risvegliare tutto il boschetto. In fondo, non c’era fretta: sapeva che era solo l’inizio di una lunga e
profonda amicizia.
Tirò fuori dalla tasca il suo bel diario, prima ancora di rispondere alle mille domande dei genitori: non voleva dimenticare quella notte vissuta da pianta, come si dimenticano i sogni lontani… Chiuse gli occhi, con la testa appoggiata al finestrino.
Cosa avrebbero sognato ancora l’albero e l’umana, l’uno in compagnia dell’altra? Forse, un futuro più verde, e felice.
Le classi in visita al Parco