Mentre girava nel sottobosco, all’esplorazione della grande città degli alberi, ad Ada sembrò di essersi ritrovata in un bosco nel bosco: la varia natura che aveva accompagnato sino a quel momento ogni suo passo, ogni suo sguardo, aveva infatti lasciato improvvisamente il posto ad un luogo popolato da piante sì diverse fra loro, ma in qualche modo simili, come se fossero imparentate.
Nessuna fra esse era particolarmente alta: i tronchi erano piuttosto brevi, ma in alcuni esemplari apparivano contorti e ramosi, senza
un corpo principale. Variavano anche nel colorito delle cortecce: alcune erano grigie con fessure, altre giallastre e un po’ screpolate… ma erano le chiome ad attirare maggiormente l’attenzione.
I rami si dividevano in ogni direzione, come a voler raggiungere tutti gli angoli di cielo. Le foglie erano incredibili … alcune erano sfumate di tutte le tonalità di verde immaginabili, altre erano gialle con chiazze d’arancio, alcune intensamente rosse. Tanto che sembrava che le quattro stagioni avessero deciso di darsi appuntamento nello stesso luogo, allo stesso tempo.
Le foglie che avevano indossato tutte queste tonalità invece si assomigliavano molto tra di loro, con la loro forma di mani aperte, con le loro estremità belle appuntite, ed erano cinque per ogni foglia, proprio come le dita degli umani.
Ada era rimasta senza parole, avvolta com’era da tutti quei colori e quei profumi; ma agli alberi, si sa, piace chiacchierare! Un coro si levò come il Sole all’alba da ognuna delle chiome presenti:
“Le nostre foglie sono come mani che si allungano, tese verso il mondo circostante; sono aperte, pronte a ricevere e a dare perché collegate con il nostro cuore, con la nostra linfa. Siamo gli alberi della dolcezza e della generosità”.
Le samare alate si alzarono in volo dai rami, richiamati da un vento che aveva i profumi della primavera, ma il calore dell’estate e la calma dell’autunno. Formarono un vortice attorno ad Ada, che rideva, solleticata dalle ali sottili dei frutti, con le trecce che si
muovevano assieme ad essi, come se l’intero viso della bambina si stesse aprendo al messaggio della natura.
“Le nostre foglie si aprono verso l’esterno, verso i cieli e la terra, verso i fratelli umani e animali; vogliamo dare a tutti il nostro amore e sussurrare dolci fruscii nella tempesta, per calmarla. Desideriamo comunicare a voi, che non avete foglie e radici, cosa significa essere alberi; e vogliamo raccontarlo senza chiedere mai nulla in cambio, perché è nella nostra natura condividere e donare. Noi siamo la famiglia Acero e prendiamo il nostro nome proprio dall’aspetto allungato delle nostre foglie, aperte alla vita!”
Se già prima Ada era affascinata, ora lo era ancor di più: non sempre le parole possono comunicare simili sentimenti e infatti Ada si stava esprimendo danzando con le samare; ma c’era qualcosa che voleva dire.
“La vostra generosità e la vostra premura sono davvero dolci, vi ringrazio! Però vorrei dire che anche fra gli esseri umani ci sono simili persone…”
“Certamente, ma non solo: anche gli animali sanno esser dolci e in modo forse ancor più sincero. Perché ci sono umani che donano per tornaconto: un dono egoistico il loro, poiché pensato tenendo sempre d’occhio ciò che è bene per loro stessi. Si fa un favore per
riceverne un altro, si dice una buona parola sperando di conquistare l’animo altrui… Più rari sono gli umani che, come amiamo fare noi alberi, danno per natura, senza che questo avvenga per calcoli futuri, ma per pura generosità e dolcezza d’animo, senza sentire il
bisogno che questa loro bontà venga riconosciuta. Questa è dolcezza che affonda le proprie radici direttamente dal cuore e vola verso l’esterno”
“Ma così non si corre il rischio di essere ingannati?”
Chiese Ada, pensando a quel suo compagno di classe molto furbetto e dispettoso.
“Fra voi umani, può capitare; ma potreste imparare a non pensar solo a voi stessi, bensì all’intera biosfera cui siete connessi. In tal modo, noi aceri possiamo assicurartelo, non perderai mai nulla ad esser dolce: quello degli alberi è un cuore che riceve energie sia dal
basso che dall’alto. In questa circolazione di dolce linfa risiede il mistero della nostra essenza: proprio perché qualunque essere vivente che si apra a ricevere tutto quanto lo circonda può dare all’infinito, in quanto è l’infinito stesso a nutrirlo”.
“Ora ho compreso quel che volevate dirmi!”
Disse la bambina, tutta contenta … aprendo il suo quaderno per riportarvi i propri sentimenti …
“Non so come ringraziarvi! Non sarà facile, per noi, rimanere dolci anche nei periodi difficili… ma sono sicura che, se mai gli umani avranno imparato questa lezione, il mondo sarà di certo diventato un posto migliore e più vivibile, per tutti”.
Gli aceri erano orgogliosi che quella creaturina tanto diversa da loro li avesse capiti: c’era ancora speranza; ma adesso era tempo di merenda. E non c’era nulla di più dolce dello sciroppo d’acero, in quel bosco incantato.
Le classi in visita al Parco