Ed eccoci pronti ad iniziare il nuovo anno scolastico!
La giornata è perfetta per esplorare il Parco e scoprire i suoi passati e presenti segreti!
Puntualissimi i ragazzi della scuola Anna Frank arrivano alla fontana triangolare, punto di ritrovo di oggi.
Dopo un breve saluto ci dividiamo in tre gruppi: blu, verdi e gialli.
A turno, ciascun gruppo scoprirà la biodiversità del Parco, ne approfondirà la storia e si immergerà in culture lontane.
LA YURTA
In questi giorni qui al Parco Nord si sta svolgendo il Festival della Biodiversità, con tanti eventi, laboratori, conferenze e spettacoli. Oggi incontreremo un’ ospite del Festival: Paola Giacomini, una viaggiatrice a cavallo, che quest’oggi ci racconterà dei suoi viaggi in Mongolia. Ci incontriamo davanti ad una struttura molto particolare che scopriamo essere una “gher” ovvero “casa” in Mongolo. Paola ci spiega che è più comunemente conosciuta con il nome di “Yurta” che in Russo vuol però dire “catapecchia”. Riflettiamo su cosa vuol dire nomadismo e scopriamo che le famiglie nomadi Mongole si spostano generalmente un paio di volte all’anno per raggiungere i pascoli invernali o estivi per i loro animali.
È ora arrivato il momento di esplorare la gher al suo interno. La sua struttura è rotonda, il soffitto sferico, i letti colorati, la stufa ancora calda.. è molto accogliente! Paola spiega come la gher sia facilmente smontabile e leggera per facilitane lo spostamento e l’assemblaggio. Racconta anche come, grazie ai materiali utilizzati, possa tenere il suo interno fresco durante le caldi estati e mantenerlo caldo durante l’ inverno. Scopriamo anche che in Mongolia, terra poco abitata, la gher è un luogo che accoglie anche lo sconosciuto che ha bisogno o che è semplicemente di passaggio.
Torniamo a sederci fuori dalla gher e scopriamo la prossima breve attività. Paola racconta come nel secolo scorso un artista di nome B. Sharav, vedendo aerei, treni e viaggiatori da paesi lontani, si rese conto che la Mongolia stava per cambiare. Decise dunque di realizzare un’ opera, “One day in Mongolia”, dove rappresentare momenti della vita quotidiana tradizionale del suo paese. Questa mattina ci dividiamo in 6 o 7 gruppi ognuno dei quali ha un quadretto che illustra una delle scene del quadro. Una volta osservato lo cerchiamo in una copia stampata del quadro mentre Paola spiega al gruppo l’immagine del quadretto. Una volta finito, ogni gruppo racconta ad i compagni la propria immagine. Scopriamo così diverse cose. Vediamo, ad esempio, uno strumento tradizionale: il morin khuur. Per realizzare questo strumento ad arco vengono utilizzati dei crini di cavallo ed il suo nome in Italiano si traduce con “testa di cavallo”.
Prima di salutare Paola riflettiamo sulle storie sentite oggi. Queste sono infatti molto lontane e diverse dalla nostra vita quotidiana e riflettiamo su come incontri e racconti di altre culture ci facciano sentire un po’ più vicini anche a persone che vivono diversamente da noi.
I BUNKER
Raggiungiamo l’area didattica e ci presentiamo. Presento anche il Parco parlandovi del Parco prima che ci fosse il Parco. Vi parlo delle fabbriche, vi parlo della Breda… delle tracce del passato che sono rimaste. Della Seconda Guerra Mondiale, Del regime che governava l’Italia, degli stati in guerra contro di noi, che oggi siamo abituati a considerare paesi amici. Dei bersagli militare che le fabbriche rappresentavano, in particolare qui dove venivano costruiti i cacciabombardieri. Dei rifugi costruiti vicini all’ aeroporto militare per gli operai: i bunker.
Nessuno li ha mai visti, ve li aspettate bui, rettangolari, umidi.
In fila indiana ci prepariamo alla sua esplorazione insieme.
Ci fermiamo nella prima stanza dove una porta chiusa separa la parte ristrutturata da quella che invece si snodava verso la Torretta di avvistamento (distrutta e nascosta dalla boscaglia di fianco alla Cascina, ma la osserveremo nelle foto) e pare poi si spingesse più in là, verso Sesto San Giovanni.
Una bomba fatta all’uncinetto appesa in mezzo alla stanza ci mostra le misure e la forma delle bombe reali che venivano sganciate dagli aerei durante i bombardamenti. L’aeroporto, abbiamo detto, era una zona strategica da colpire durante la seconda guerra mondiale.
Procederemo lungo il bunker, ogni tanto fermandoci ad osservare: la stanza quadrata, dove probabilmente venivano tenuti picconi, coperte e acqua, con le vecchie foto di prima e dopo i bombardamenti, i bagni, le foto dei bombardamenti su Milano, i cartelli della vecchia segnaletica, le foto degli operai, dei militari e dei cacciabombardieri e per finire le foto della nascita e crescita del Parco.
Alla fine del nostro percorso ragioniamo su come è strutturato questo rifugio. Visto dall’alto è una linea spezzata, che permette sia una maggior protezione in caso di esplosione perché “rompe” la direzione dell’esplosione, sia un numero maggiore di posti a parità di spazio. La sezione del Bunker è a volte di botte, che riprende la forma di un arco che, come inventarono gli etruschi, è la miglior struttura per reggere i pesi. Sapete ragionare su tutto!
Per concludere, immaginiamo come dovevano essere qui le emozioni delle persone, spaventate dai bombardamenti sopra la loro testa. E ci sono stati Bunker sotto le scuole, i palazzi delle città, dove si nascondevano anche bambini e ragazzi come voi. E ancora oggi in alcune parti del mondo ci sono persone (bambini e adulti) che devono nascondersi da guerre in corso.
LA BIODIVERSITA’
Come avete scoperto, il Parco Nord non è sempre esistito, prima, infatti, sorgeva la Breda.
Ma come si è passati dalla Breda, distesa di cemento, ad un mare verde in mezzo alla città? Grazie alla volontà coesa dei comuni di Milano, Cinisello Balsamo, Bresso, Cusano Milanino e Sesto San Giovanni che, negli anni 70 hanno bonificato e rinaturalizzato l’area.
Quali sono state le azioni concrete effettuate?
Ci pensate un attimo e poi qualcuno di voi, timidamente risponde: “Hanno dovuto abbattere i capannoni…” “Magri portare via le macerie…” ” E poi piantumare alberi e prati…”
Esatto! All’inizio gli alberi sono stati piantumati…Eh, se vi guardate attorno ne scoprirete la traccia..”Vero! Sono in fila!”
Ma da pochi alberi in fila, la Natura ha fatto il suo corso e con la complicità di vento ed animali sono nati i boschi!
Ma, secondo voi, una volta creati boschi e prati, cosa era necessario aggiungere per attrarre gli animali?
“I fiori…così arrivano le api e poi gli animali che se le mangiano!”
“Magari hanno piantumato non alberi a caso, ma da frutto…così gli animali avevano il cibo…che so, delle mele, delle ciliegie e…ghiande”
“Sì, ma serve l’acqua!”
Esatto! Serviva l’acqua! Con i boschi e i prati gli animali avrebbero avuto cibo e un riparo, ma serviva l’acqua!
Così, il Parco ha costruito canali e laghi, scavando e impermeabilizzando il fondo con cemento o argilla.
Sono arrivate volpi, rospi, scoiattoli, porcospini, insetti, aironi e…molto altro! La distesa di cemento si è trasformata in un mare verde ricco di vita diversa, ricco di bio-diversità!
Purtroppo il tempo stringe e alcuni stomaci brontolano, così dopo una breve esplorazione del bosco e l’osservazione di libellule e gerridi alla fontana tonda, torniamo sui nostri passi e ci salutiamo!
Buon rientro!